"Guardate il vuoto che c'è sulla vostra carta, non il segno che avete fatto."
Queste le parole di Beatrice che pazientemente ci guida in questa seconda lezione.
Le parole sembrano strane perché se cerco di disegnare un kanji, vuol dire che cerco di riempire lo spazio vuoto rappresentato dalla carta.
Eppure, dopo tante prove ed esercizi, forse (e dico veramente solo forse) mi è sembrato di percepire, osservando i miei maldestri segni, che i tratti emergevano da uno spazio vuoto e che, concentrandomi su questo, tutte le proporzioni e l'armonia (nel mio caso la disarmonia) dei tratti risultavano più chiare.
Il senso del vuoto è qualcosa che noi abbiamo sostanzialmente perso. Tutto il nostro mondo deve essere pieno di qualcosa: le case, il nostro tempo, la nostra mente, quasi che il vuoto ci faccia paura.
E forse più che di "vedere" dovremmo parlare di "sentire".
Riporto alcune righe tratte da un libro di Junichiro Tanizaki: "Tutta la nostra vita quotidiana è fondata sull'irritazione di alcuni sensi e sull'atrofizzazione di altri, mai su un tentativo di armonizzazione."
Ed ecco il prodotto della nostra seconda lezione di SHO-DO, anche in omaggio dell'8 marzo, festa della donna:
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